lunedì 28 settembre 2015


ETICA DEL DISCORSO





Si parte dal presupposto che “ogni soggetto capace di parlare e di agire, quando entra in qualche argomentazione per esaminare criticamente una pretesa ipotetica di validità, deve affidarsi a presupposti dotati di contenuto normativo.” Insomma, c'è un “già” di cui noi – i soggettivisti – non tengono conto : già nel momento in cui si risponde ad una critica, si è entrati in un campo di discussione, di argomentazione, e dunque deve in qualche modo presupporre, per poter essere compreso dagli altri e affinché l'argomentazione sia sensata, delle regole trascendentali o preteoretiche. Si deve, soprattutto, sottintendere il principio di universalizzazione, estensione dell'imperativo categorico kantiano. Questi principi, per Habermas e Apel, sono tacitamente accettati. Gli stessi parlano dell'etica del discorso come una “disposizione istituzionale”1 necessaria per neutralizzare le influenze empiriche o emozionali nel discorso.
Questo p.d.U. è l'unico principio morale di cui si possa parlare, principio non contenutistico e preteoretico, che non prende quindi parte dell'argomentazione stessa ma la presuppone.
Si tratta, senza dubbio, di un platonismo di ritorno, soprattutto quando Apel la comunità ideale che deve essere attuata, effettuata, da quella reale.
L'ambiguità di questa teoria etica non può oscurare tuttavia la sua urgenza, l'urgenza di un etica “planetaria” , che trascenda dal singolo paese o dalla singola nazione. Pare evidente inoltre che, se si arriva alla necessità di trattare una “macroetica”, il valore dei rapporti internazionali e dei trattati politici è di fatto screditato per la sua insufficienza. Fondamentale diviene non tanto il “cosa devo fare?” ma “perché devo fare quel che è scritto che debba fare?” ; una tavola di Comandamenti ci dice solo cosa fare, non perché. Sembra però che Apel e Habermas non rispondano esaustivamente a questa nostra pretesa di senso ; d'altronde, se lo facessero, se ci dessero in mano un “perché”, siamo certi che questo possa essere accettato da tutti?
Se la morale può esser vista come un “fare ciò che è scritto che io debba fare”, se quindi il suo aspetto normativo è stato talvolta accettato senza ulteriori pretese2 di senso e dunque si può parlare di un sistema di adattamento dall'uomo alla norma, al contrario la morale kantiana – e di conseguenza anche quella habermasiana – ribalta questa prospettiva : è la norma che deve adattarsi all'uomo, è la norma che, per essere tale, deve poter essere “accettata liberamente da tutti”.
Si presentano, al lettore attento, molti dubbi :
  • Come giustificare questa equivalenza tra teoria e prassi? Come dunque giustificare il passaggio da una teoria logico-semantica ad una teoria dell'azione?
  • Nel momento in cui io discuto della teoria stessa e del principio di Universalizzazione, non nasce il problema “del terzo uomo”? Non sto presumendo la teoria stessa nell'argomentazione?
  • Dov'è lo spazio per la malafede? Per l'inconscio? Le disposizioni individuali sono sempre trasparenti a se stesse?
  • Dov'è lo spazio per la “devianza”?

Come si può parlare di scelta “libera” quando l'argomentazione usata da Habermas e Apel è proprio che noi non siamo liberi di non argomentare? Il diktat dell'etica del discorso : non possiamo non partecipare alla discussione. Anche chi si rifiuta cade in una contraddizione ineluttabile : “altrimenti, dovrebbe cercare rifugio nel suicidio o in una grave malattia mentale. In altre parole, non può sbarazzarsi della prassi comunicativa quotidiana, nella quale è continuamente costretto a prendere posizione con un <sì> o con un <no>”3...
Si parla, per l'appunto, di una costrizione a discutere ; in effetti non si può agire se non comunicativamente, inserendosi inevitabilmente in una discussione.
Una breve summa di questo tipo di ragionamento è : “Dal momento in cui noi ci immettiamo in una discussione, e dal momento in cui una discussione è tale se rispetta determinati assunti – quale, ad esempio, quello di portare ad una conclusione – non è possibile rispettare questi assunti se non comportandoci in una determinata maniera.”
Ora, il problema è che, per Habermas e Apel, questa maniera è esclusa dalla discussione! Insomma, è “fuori discussione” che il principio di ogni discussione sia (U), il Principio di Universalizzazione proposto dagli stessi autori, in quanto questa determinata maniera di comportarsi è, per loro, preteoretica e quindi indiscutibile!
La domanda che è appare qui ovvia è : con quale procedimento gli autori giungono a questo principio? Non si tratta di una mera deduzione ?


1 J. Habermas, Etica del discorso, Laterza, Bari 1985, p. 102
2  Ciò è certamente accreditabile alla morale cristiana.
3 J. Habermas, Ivi, p. 111

mercoledì 14 gennaio 2015

Che cosa significa insegnare?

                   








“Ma cosa hanno mai fatto i ragazzi, gli
adolescenti, i giovanotti che dai sei fino ai
dieci, ai quindici, ai venti, ai ventiquattro
anni chiudete tante ore del giorno
nelle vostre bianche galere per far patire il
loro corpo e magagnare il loro cervello?
Gli altri potete chiamarli - con morali e codici
in mano - delinquenti ma quest'altri sono,
anche per voi, puri e innocenti come usciron
dall'utero delle vostre spose e figliuole. Con
quali traditori pretesti vi permettete di
scemare il loro piacere e la loro libertà
nell'età più bella della vita e di
compromettere per sempre la freschezza e la
sanità della loro intelligenza?”
G. Papini, Chiudiamo le scuole, 1914










Cosa significa insegnare?
L'esigenza di una tale domanda e di un'adeguata risposta si fa straordinariamente presente in questi
ultimi anni, dove l'istituzione scolastica è stata sempre più inglobata nel vortice tormentato della
finanza e dell'economia. Tormentata lo diviene dunque anch'essa, la scuola, poiché ad una
recessione economica corrisponde sempre più automaticamente una regressione della “capacità
culturale” degli individui, della loro predisposizione alla cultura.
È propriamente il ruolo dell'insegnante che, nella sua importanza, racchiude in sé la possibilità del
cambiamento, della “rivoluzione” ; ma è anche l'insegnante stesso che si manifesta come incapace
di “produrre soggettività”, giacché fagocitato lui stesso nell'immobilità del sistema che cerca di
respingere.
Non ci possiamo esimere, dunque, dal compiere una breve analisi delle problematiche che questa
figura – e, assieme ad essa, l'istituzione scolastica – reca con sé.
Come ci ricorda la De Conciliis, insegnare significa “fare un segno dentro qualcuno” ; l'insegnante,
colui “che segna”, non ha però a che fare con degli oggetti, non deve imprimere un segno su carta.
Egli ha dinanzi a sé degli individui : la figura dell'insegnante è una figura di potere, e quindi una
figura “politica” in senso stretto (l'avere-a-che-fare-con è sempre sintomo di politicità di un'azione).
Ci è rapidamente chiara la responsabilità di questa figura :


“L’insegnamento produce soggettività : in termini foucaultiani,
è una tecnica di governo degli altri che implica il governo di sé,
una forma di potere-sapere che è in grado di formare anche l’oggetto
su cui si esercita.”


Nella potenza di questa affermazione, ne è racchiusa una altrettanto scottante : il ruolo
dell'insegnante non può essere ingabbiato in alcun modo, proprio perché egli ha a che fare con delle
individualità “da forgiare” che richiedono una flessibilità che l'istituzione – in quanto istituita,
ordinata – non può concedergli.
Immobilizzato nelle catene dell'ordinanza, il docente vede scomparire di senso la sua attività.
Com'è che egli si ritrova, d'improvviso, con un nulla in mano?
Innanzitutto, il primo atto di una decostruzione della società pedagogica è sicuramente quello della
analisi della figura infantile : secondo la De Conciliis – e secondo Foucault – il fanciullo è divenuto
nient'altro che una copia, in formato minore, dell'uomo adulto :


“[...]Il ridimensionamento del ruolo premoderno (sociale e simbolico)
degli ‘adulti in miniatura’ appare direttamente proporzionale al loro
inserimento nel processo produttivo capitalistico, a cui seguirà la
produzione/protezione della loro anima, che, sul piano della cultura,
equivale all’elaborazione del mito pedagogico del fanciullo.”


L'infante, come ogni altro individuo, è assoggettato ; ed è propriamente l'insegnante colui che opera,
in primo luogo, questo assoggettamento. Focalizziamoci su una situazione scolastica : determinati
individui sono co-stretti – sono stretti fortemente, sono legati – a vivere, ogni giorno, un minimo di
cinque ore assieme ad altri individui selezionati casualmente ; se ciò non basta a definire la
situazione poco felice dell'allievo, basti sottolineare che egli :


“[...]è un piccolo selvaggio che al termine del processo educativo
deve risultare adeguato all’investimento dell’imprenditore
universale – trasformato in cittadino.”


In secondo luogo, la modernità si caratterizza anche come un “impiego totale del tempo” : viene
infatti bandito il vuoto dell'ozio, il cosiddetto “tempo libero”. Persino a scuola, la ricreazione
consiste in un tempo limitato, come a dire che gli allievi debbano avere un determinato tempo,
uguale per tutti, per poter giocare.
Sin da quest'esempio, possiamo cogliere come ciò che noi chiamiamo “scuola” non sia esattamente
ciò che noi crediamo che sia, ovvero un posto per istruire. O meglio, essa è IL posto dove tutti
vengono istruiti allo stesso modo, dove si applica come non mai la massificazione ; perché, per
l'appunto, l'insieme disordinato di allievi deve essere programmaticamente e-ducato : dobbiamo
trarre fuori dagli allievi la loro cittadinanza, il loro essere adulti. Epperò, in tal modo noi non
“insegniamo” nulla, ma operiamo come una gigante fabbrica, come un'enorme catena di montaggio,
il cui risultato sono gli studenti a fine carriera.
Esiste, quindi, una vera e propria ideologia scolastica, sebbene possa sembrare assurdo ai nostri
occhi ; dopotutto, noi tutti siamo frutto di questo sistema, siamo stati educati proprio per operare nel
“migliore” dei modi possibili. Peccato che questo “miglior modo” sia stato scelto per noi al posto
nostro. Siamo stati strutturati in maniera unitaria senza consenso, sebbene anche una qualsiasi
forma di dissenso sarebbe stata vana : essa sarebbe apparsa, agli occhi dei più, come follia.
Le parole della De Conciliis – che ricalcano inevitabilmente quelle dell'imenso Foucault – sono
dure :


“L’identità scolastica non è fissa, ma mobile: si mira alla
promozione, come nell’esercito. La disciplina crea una
microgerarchia in cui il singolo può investire per guadagnare
un micropotere o un riconoscimento simbolico sugli altri
(ad esempio diventando capoclasse) e assoggettarsi
così ‘volontariamente’ alle regole del sistema
disciplinare; attraverso la ricompensa del merito e
della buona condotta s’inculca la necessità identitaria e
progressiva dell’obbedienza: ‘come divento qualcuno?'
- 'obbedendo a qualcuno.”


La disciplina, il voler militarmente eguagliare tutti gli studenti, non è il solo aspetto da decostruire.
Secondo Foucault, che in Sorvegliare e punire traccia una storia dell'istituzione scolastica
intrecciandola con quella del sistema penale, il sistema scolastico non è altro che una “metamorfosi
laica del potere pastorale cristiano, capace di piegarne le tecniche di soggettivazione a fini secolari.”
Il docente ha, dopotutto, preso il posto del sacerdote – affermazione che sosteneva già Illich :


“E come dio in miniatura, come umile pastore che l’insegnante
deve incarnare per l’alunno l’onnipresenza dello sguardo: Dio ti vede,
f a i compiti. La voce del maestro ripete la voce del Signore
che conosce omnes et singulatim , chiama per nome e
ordina fino a ottenere l’obbedienza perinde ac cadaver (SP 182).
Emissario e ministro della divinità scolastica, egli conduce
l’alunno alla completa interiorizzazione psicofisica,
conscia e inconscia, dell’autorità - perciò su quest’aspetto
sacerdotale dell’insegnamento s’innesta perversamente
quello giuridico, che intronizza il meccanismo
penale con cui il maestro fa funzionare la disciplina
ch’egli stesso ha interiorizzato, e a cui deve continuare
a obbedire.”


Alla luce di queste brevi considerazioni – che non sono che un breve assaggio dell'interessantissimo
lavoro della De Conciliis – come possiamo “riabilitare” la figura dell'insegnante?
Se pensiamo agli ultimi corsi che Foucault tenne al Collège de France sul concetto di parresìa,

ebbene qui egli afferma che “Il maestro è il discorso stesso che dice il vero.” Sorge spontaneo il
chiedersi cosa sia il vero e come si possa dirlo ; nell'antichità, la verità consisteva nel “dire tutto”,
nel “parlar franco”, e ciò ci rende manifesto come il concetto di verità fosse un concetto
essenzialmente politico. Per tale ragione, Foucault intitola il suo ultimo corso “Il coraggio della
verità”, proprio perché la verità era, per i greci, l'atto del dire ogni cosa – e dunque dell'avere il
coraggio di dire ogni cosa ; i cinici erano, non a caso, i “dispensatori di verità”, proprio per la loro
attitudine a dire “ogni cosa” in “ogni caso”.
Dire il vero ad ogni costo : è inevitabile non riferirci a Socrate, al fatto che, proprio per questa sua
pratica di dire il vero, perse la vita. Socrate, con il suo comportamento, incarnava una vera e propria
rivoluzione politica.
E se l'insegnante esercitasse proprio questo potere? Il potere del non-potere, il potere del mettersi in
gioco completamente ?
La parresìa, dopotutto, s'insegna solo con l'esempio, non con le parole :
 

“[...]la verità, che non è un oggetto ma la
soggettivazione stessa, non si apprende mai definitivamente - e
tuttavia il maestro parresiasta si rende superfluo, si toglie
in senso hegeliano, lasciando libero il soggetto. Egli esercita
infatti un potere che si nega come tale, si autodistrugge
nel momento stesso in cui agisce: un paradossale
potere anti-pastorale che mira a far divenire l’allievo,
alla lettera, sovrano autonomo della propria persona,

 governatore della propria soggettività.”


In tal senso, quello che l'insegnante parresiasta ci in-segna, non è un sapere, ma uno stile di vita.


Foucault è stato il primo a legare un atteggiamento di cura degli altri – il dire il vero, per l’appunto – a quello di una cura di sé : è proprio questo stile di vita, che impone un mettersi in gioco continuativo, che fa assumere all’individuo una responsabilità morale.

La vera “democrazia” , non a caso, fu quella greca : la capacità del dir-vero era quella richiesta agli individui nell’agorà nell’esprimersi, nel prendere-parola ; solo l’atteggiamento cinico del parresiasta può spezzare le catene invisibili del potere, dal momento in cui non siamo e non saremo mai del tutto consapevoli della totalità dei meccanismi del potere che ci ingabbiano. L’agire cinico, implica il fatto che il concetto di verità non assuma una valenza metafisica, né tanto meno ontologica ; piuttosto, la verità è un evento. La verità è l’atto di dire tutto, di non omettere nulla.

Se pensiamo a questo atteggiamento, un insegnante sarebbe costretto a trattare chi ha di fronte come una soggettività ancora prima di formarla, prima cioè di imprimere il suo “marchio di fabbrica” : si concede all’allievo il privilegio della responsabilità, sebbene, come sottolinea fortemente Foucault, l’essere parresiasta comporta sempre una lacerazione, una frattura dialogica. Il dire la verità implica sempre un rischio di scontro, di sofferenza, ma hegelianamente questa negatività ha una valenza costitutiva : il rischio di morte è il solo evento che ci rende coscienti dell’esistenza.
Come asserisce infine la De Conciliis, è nell'adolescenza che si può sperare di formare individui che
“non si lasceranno fregare da un mediocre pastore o dalle forme mediatico-populistiche assunte
dall’economia politica.”
Eppure, il concetto di parresìa ci rende coscienti di un altra questione : sebbene tutti possano
comprendere il concetto parresiasta, l'insegnamento non è per tutti, poiché essa (la parresìa) “deve
esser fornita come esempio incarnato (magistrale) a tutti , ma solo alcuni la incarneranno a loro
volta.” Il conservatorismo di molti docenti li dirige verso la pedagogia classica, verso
comportamenti stereotipati e non giustificati ; li guida, soprattutto, verso una totale astensione nel
porsi delle domande sul proprio ruolo.
Solo lui, tuttavia, può sabotare il meccanismo risvegliando gli studenti; solo lui può dischiudere gli
occhi obnubilati di chi non è più abituato a vedere.

mercoledì 24 dicembre 2014

Gli auguri di Pasolini


Natale, Pier Paolo Pasolini


«Tanti auguri ai fabbricanti di regali pagani! Tanti auguri ai carismatici industriali che producono strenne tutte uguali!
Tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi del traffico e magari cristianamente insulterà o accoltellerà chi abbia osato sorpassarlo o abbia osato dare una botta sul didietro della sua santa Seicento!
Tanti auguri a chi crederà sul serio che l’orgasmo che l’agiterà – l’ansia di essere presente, di non mancare al rito, di non essere pari al suo dovere di consumatore – sia segno di festa e di gioia!
Gli auguri veri voglio farli a quelli che sono in carcere, qualunque cosa abbiano fatto (eccettuati i soliti fascisti, quei pochi che ci sono); è vero che ci sono in libertà tanti disgraziati cioè tanti che hanno bisogno di auguri veri tutto l’anno (tutti noi, in fondo, perché siamo proprio delle povere creature brancolanti, con tutta la nostra sicurezza e il nostro sorriso presuntuoso).
Ma scelgo i carcerati per ragioni polemiche, oltre che per una certa simpatia naturale dovuta al fatto che, sapendolo o non sapendolo, volendolo o non volendolo, essi restano gli unici veri contestatori della società. Sono tutti appartenenti alla classe dominata, e i loro giudici sono tutti appartenenti alla classe dominante».




lunedì 8 dicembre 2014

Pavese - Ritratto

 

 

 

 

 

 

« C'è un'arte di ricevere in faccia le sferzate del dolore che bisogna imparare. Lasciare che ogni singolo assalto si esaurisca; un dolore fa sempre singoli assalti - lo fa per mordere più risoluto e concentrato. E tu, mentre ha i denti piantati in un punto e inietta qui il suo acido, ricordati di mostrargli un altro punto e fartici mordere - solleverai il primo. Un vero dolore è fatto di molti pensieri; ora, di pensieri se ne pensa uno solo alla volta; sappiti barcamenare tra i molti, e riposerai successivamente i settori indolenziti. »
C. Pavese

 

domenica 7 dicembre 2014

Film Rosso



E che, non basterebbe solo questa bellezza a smuovere chiunque?

Il segno, questa volta, ha scalfito e inciso la pellicola e l'arte visiva .
Sto parlando di "Film Rosso" (1994), di Krzysztof Kieślowski ; non è necessario parlarvi del regista, della qualità del film o degli attori : nessuna sorta di enciclopedismo è garante di ciò che io intendo fare, ovvero
un tentativo di "scoperchiamento", "spolveramento". 

Della trilogia (Film Blu, Film Rosso, Film Bianco) questo è il film che più incarna il potere ononimo - rosso, che del sangue non rimarca solo la negatività, ma anche, metonimicamente, il suo essere vita
Anzi, è propriamente questa bipolarità che rende questo gioiello così magico, assieme ai segni che
Kieślowski dissemina, come d'abitudine, in tutto il film ; l'atmosfera soffusa trapassa lo schermo, ci arriva a noi perché la storia è semplice ma lontana, difficile ma vicina. Vediamo con gli occhi di
Valentine, ma anche con gli occhi di Auguste ; il nostro cinismo globalizzante - e globalizzato - ci abbandona,  ed è come se usassimo gli occhi per la prima volta.

Forse è questo la vera forza - potenza differenziale che agisce con altre potenze differenziali, in questo caso le forze degli spettatori, i loro gusti, le loro opinioni - del regista polacco : la sua incredibile capacità di tramutare lo spettatore in un individuo naif impossessandosi empaticamente di lui facendogli presentire che, nell'esistenza, i nostri progetti sono quasi sempre irrilevanti.

"Quello che voglio mostrare è che i problemi non sono mai pratici o politici. I veri problemi sono sempre dentro di noi"


Naturalmente, la potenza di una pellicola del genere non può precluderci delle riflessioni più generali :
Può una pellicola e-muovere in tal maniera ? Può il cinema ergersi con dignità assieme alle altre arti nobilitanti? Possiamo scardinare la critica che Walter Benjamin faceva del cinema, nel suo capolavoro "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica"?



Link FILM ROSSO : www.youtube.com/watch?v=04wFf9k1uCg (lingua originale francese)

   

        www.nowvideo.at/video/a12d08c185a53 (italiano)


sabato 6 dicembre 2014

Paesi Tuoi - Cesare Pavese (audiolibro)

"Paesi Tuoi" , scritto nel 1939 e pubblicato nel 1941 da Einaudi, costituisce l'esordio narrativo di Cesare Pavese.

Ciò che spezza il lettore e lo piega all'ondulazione linguistica di Pavesa è la crudezza, la nudità delle parole che smettono di inebetire, di ammaliare ; esse smettono di "dover arrivare a", esse parlano e basta. 

S'inbevono, piuttosto, di quell'amarezza che nell'opera del Nostro è onnipresente - come si vede perfettamente nei suoi diari.

L'armonia delle campagne piemontesi - che Pavese amava- non salva il protagonista, Berto, dalla disillusione, e anzi stride in maniera notevole con gli atteggiamenti ed i silenzi dei contadini che vi ci abitano.

Che forse il ritorno di Berto alla campagna rappresenti un tentativo di Pavese stesso di raccontare le sue origini per affrontarne, dunque, il definitivo distacco? In tal caso, cosa rappresenta la conclusione - nel senso di chiusura?

 

 
Santo Stefano Belbo, luogo natale di C.Pavese

 

Audiolibro Parte 1 http://www.4shared.com/video/A6JNT5Izba/01_online.html

                  Parte 2 http://www.4shared.com/video/90OAHQVMce/02_online.html

                  Parte 3 http://www.4shared.com/video/JL9MBRc1ce/03_online.html

                  Parte 4 http://www.4shared.com/video/qC3TJzexce/04_online.html

                  Parte 5 http://www.4shared.com/video/bMvmQa8iba/05_online.html

 








giovedì 4 dicembre 2014

I 100 romanzi più belli prima del 1898

http://www.linkiesta.it/migliori-libri-1898


Oggi Linkiesta ha pubblicato una lista di 100 romanzi selezionati dal giornalista Clement K. Shorter nel 1898.

Questi sono identificati come i migliori romanzi prima di tale data.


Ecco qui sotto i testi, con i link dei relativi ebook gratis. Buona lettura!



1. Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes Saavedra — eBook gratis
2. The Holy War di John Bunyan
3. Storia di Gil Blas di Santillana di Alain-René Lesage — eBook gratis
4. Robinson Crusoe di Daniel Defoe — Testo completo
5. I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift — eBook gratis
6. The Adventure of Roderick Random di Tobias Smollett — eBook gratis in inglese
7. Clarissa di Samuel Richardson — eBook gratis in inglese
8. Tom Jones di Henry Fielding — eBook gratis in inglese
9. Candido di Voltaire — eBook gratis
10. Storia di Rasselas, principe di Abissinia di Samuel Johnson — eBook gratis in inglese
11. Il castello di Otranto di Horace Walpole — eBook gratis
12. Il vicario di Wakefield di Oliver Goldsmith — eBook gratis in inglese
13. Il vecchio barone inglese di Clara Reeve — eBook gratis in inglese
14. Evelina di Burney Fanny — eBook gratis in inglese
15. Vathek di William Beckford — eBook gratis in inglese
16. I misteri di Udolpho di  Ann Radcliffe — eBook gratis in inglese
17. Le avventure di Caleb Williams di William Godwin
18. The Wild Irish Girl di Sydney Owenson
19. Corinna o l'Italia di Madame de Staël
20. The Scottish Chiefs di Jane Porter
21. The Absentee di Maria Edgeworth — eBook gratis in inglese
22. Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen — Testo completo
23. Headlong Hall di Thomas Love Peacock — Testo completo
24. Frankenstein, o il moderno Prometeo di Mary Shelley — eBook gratis in inglese
25. Marriage di Susan Edmonstone Ferrier — eBook gratis in inglese
26. The Ayrshire Legatees di John Galt — eBook gratis in inglese
27. Valerius di John Gibson Lockhart
28. Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister di Wolfgang Goethe
29. Kenilworth di Walter Scott — eBook gratis in inglese
30. Bracebridge Hall di Washington Irving
31. The Epicurean di Thomas Moore
32. The Adventures of Hajji Baba di James Justinian Morier
33. I promessi sposi di Alessandro Manzoni — Testo completo
34. Il castello di Lichtenstein di Wilhelm Hauff — eBook gratis in inglese
35. L'ultimo dei Mohicani di James Fenimore Cooper
36. The Collegians di Gerald Griffin
37. The Autobiography of Mansie Wauch di David Macbeth Moir
38. Richelieu di George Payne Rainsford James
39. Il Diario di Tom Cringle di Michael Scott
40. Mr Midshipman Easy di Frederick Marryat — eBook gratis in inglese
41. Papà Goriot di Honoré de Balzac — eBook gratis in inglese
42. Rory O'More di Samuel Lover
43. Jack Brag di Theodore Hook
44. Fardorougha the Miser di William Carleton
45. Valentine Vox di Henry Cockton
46. Old St. Paul's di Harrison Ainsworth
47. Ten Thousand a-Year di Samuel Warren — Testo compelto
48. Susan Hopley di Catherine Crowe
49. Charles O'Malley di Charles Lever
50. The Last of the Barons di Bulwer Lytton — eBook gratis in inglese
51. Consuelo di George Sand — eBook gratis in francese (Libro 1, libro 2, libro 3)
52. Amy Herbert di Elizabeth Sewell — eBook gratis in inglese
53. Adventures of Mr. Ledbury di Elizabeth Sewell
54. Sybil di Benjamin Disraeli — eBook gratis in inglese
55. I tre moschettieri di Alexandre Dumas
56. L'ebreo errante di Eugène Sue — Testo completo in francese
57. Emilia Wyndham di Anne Marsh-Caldwell — Testo completo in inglese
58. The Romance of War di James Grant — Testo completo in inglese
59. La fiera della vanità di William Makepeace Thackeray — eBook gratis in inglese
60. Jane Eyre di Charlotte Brontë — eBook gratis
61. Cime tempestose di  Emily Brontë — eBook gratis in inglese
62. The Vale of Cedars di Grace Aguilar — eBook gratis in inglese
63. David Copperfield di Charles Dickens — eBook gratis
64. The Maiden and Married Life of Mary Powell di Anne Manning — eBook gratis in inglese
65. La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne — eBook gratis in inglese
66. Frank Fairleigh di Francis Smedley
67. La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe — eBook gratis
68. The Wide, Wide World di Susan Warner — eBook gratis in inglese
69. Nathalie di Julia Kavanagh — Testo completo
70. Ruth di Elizabeth Gaskell — eBook gratis in inglese
71. The Lamplighter di Maria Susanna Cummins
72. Il dottor Antonio di Giovanni Ruffini — Testo completo
73. Westward Ho! di Charles Kingsley — eBook gratis in inglese
74. Debit and Credit di Gustav Freytag — eBook gratis in inglese
75. Tom Brown's School-Days di Thomas Hughes
76. Le torri di Barchester di Anthony Trollope
77. John Halifax di Dinah Craik — eBook gratis in inglese
78. Ekkehard di Viktor von Scheffel
79. Elsie Venner di Oliver Wendell Holmes — eBook gratis in inglese
80. La donna in bianco di Wilkie Collins — eBook gratis in inglese
81. The Cloister and the Hearth di Charles Reade — eBook gratis in inglese
82. Ravenshoe di Henry Kingsley — eBook gratis in inglese
83. Padri e figli di Ivan Sergeevič Turgenev — eBook gratis in inglese
84. Silas Marner di George Eliot — eBook gratis in inglese
85. I miserabili di Victor Hugo — eBook gratis
86. Salammbô di Gustave Flaubert — Testo completo in francese
87. Salem Chapel di Margaret Oliphant Oliphant — eBook gratis in inglese (Libro 1, libro 2)
88. The Channings di Ellen Wood
89. Lost and saved di Caroline Norton — Testo completo
90. The Schönberg-Cotta Family di Elizabeth Charles
91. Lo zio Silas di Joseph Sheridan Le Fanu
92. Barbara's History di Amelia Edwards
93. Sweet Anne Page di Mortimer Collins — eBook gratis in inglese
94. Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij
95. Fromont jeune et Risler aîné di Alphonse Daudet — eBook gratis in inglese
96. Marmorne di Philip Gilbert Hamerton
97. Black but Comely di George John Whyte-Melville
98. Il signore di Ballantrae di Robert Louis Stevenson
99. Reuben Sachs di Amy Levy — eBook gratis in inglese
100. Notizie da nessun luogo di William Morris — eBook gratis in inglese